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Che si sappia, e a parte una sporadica citazione nell’807, il nome di Locarno, il cui territorio è abitato per lo meno dall’Età del bronzo, ha cominciato a circolare con relativa insistenza al di là dell’area lombarda ai tempi del Sacro Romano Impero. Di sicuro è giunto alle orecchie di Enrico II il Santo (973/8-1024) e di Federico I il Barbarossa (1122-1190), che emanarono editti in cui vi figura.
Di contenuta notorietà si può però parlare solo da inizio Ottocento, grazie all’arrivo delle prime falangi di “forestieri”, ai quali, sulla strada del Grand Tour, dapprima in carrozza, poi in battello e infine in treno, poteva capitare d’incappare in quella che solo più tardi sarebbe diventata la “regina del Verbano”, titolo pomposo, di cui sono state insignite anche altre località e che non è neppure in armonia con lo spirito locale.
E, a proposito di spirito, quello “di Locarno” per l’appunto, ecco profilarsi l’evento che risulterà la molla determinante per accrescere la fama a livello internazionale (a onor del vero, oltre Atlantico ci avevano già pensato i migranti a diffondere il nome della terra natia). Si diceva, dunque, della svolta. E’ l’ottobre del 1925 quando nel Palazzo del pretorio, lungo l’allora Via delle Palme, i rappresentanti delle potenze europee firmano il “Patto della pace”. Ne riferiscono i giornali del mondo intero e, con la speranza che sia di buon augurio, le denominazioni di parecchie strade, non solo europee, cambiano. A Locarno vengono intestate Avenues, Streets, Drives, Rues, Ruas, Avenidas, Viali.
Interessante il fenomeno sviluppatosi un ventennio più tardi in Gran Bretagna, probabilmente a cavallo della stessa onda, dove l’esotica Locarno diventa sinonimo di sala da ballo e, quindi, di divertimento, grazie a una catena di locali notturni e alberghi, il Mecca Leisure Group, che sparge i suoi esercizi in tutto il territorio, da Bristol a Glasgow, da Aberdeen a Liverpool, spesso con esiti architettonici pregevoli.
BALLROOM DANCING MECCA
Dagli anni Quaranta dello scorso secolo, grazie al Festival del film, l’aura s’allarga. La moda dei gemellaggi (molte sono le città con le quali è stata avviata un’amicizia, ma purtroppo i cartelli che lo ricordavano sono spariti) e il successivo turismo di massa faranno il resto. Tutto ciò, probabilmente, all’insaputa di tanti locarnesi, tra i primi, come il loro carattere impone, a dubitare dei pregi, dell’attrattività e della popolarità del modesto fazzoletto di terra in cui risiedono.
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Non si contano gli oggetti ai quali è stato dato il nome di Locarno, dalle scarpe alle sedie, dalle fontanelle da tavolo agli orologi, passando dai caratteri tipografici alle radio.
Il carattere tipografico, la fontanella e un altro modello di radio con giradischi(web)
Nella letteratura
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Qui, divagando leggermente, inseriamo un’esortazione. A nostro avviso, le autorità comunali potrebbero omaggiare tutti gli scrittori, per lo meno quelli defunti e d’acclarate doti, che in qualche modo hanno contribuito a far conoscere Locarno.
Lo si potrebbe fare, ad esempio, mettendo mano allo stradario, zeppo di doppioni (cappuccini, castelli, dogane vecchie e nuove, ospedali, scuole e torrette) e di banalità. Via della Posta? Non suonerebbe meglio un Via Hemingway? Via delle Aziende? Perché non un ben più originale Via Melega (il quale nel suo “Maggiore Aebi”, fa dire a un personaggio: Guardi i nomi delle vie qui … addirittura Via delle Aziende… Non abbiamo eroi, scienziati, artisti a cui intestarle!)? E le vigne e i saleggi, presenti in tutte le salse anche nel resto dell’agglomerato non potrebbero essere vantaggiosamente rimpiazzati con uno Stendhal, una Brun, un Morigia, un von Kleist? E Bacchelli, che della città sul Lago Maggiore ha fatto quasi una coprotagonista nel “Diavolo al Pontelungo” non si meriterebbe una piazzetta o un giardinetto? Neppure un “Sentiero Centrale”?