Cielo terso, temperatura piacevole. Invitante, soprattutto dopo tre giorni di pioggia e freddo. Ideale per varcare i confini del quartiere. Detto fatto e in men che non si dica mi ritrovo sul delta. Tappa successiva, il Parco delle camelie. Apprezzo le piantumazioni di giovani esemplari sia lungo Via Gioacchino Respini, sia a lato del vialetto d’accesso. Buon segno. Chissà mai che finalmente non s’intraprenda la terza, sospirata, fase dell’ampliamento. Varco l’ingresso e noto subito alcune aree inaccessibili al pubblico, probabilmente nel tentativo di far spuntare un po’ d’erbetta laddove il passaggio è stato più intenso. Mi chiedo se non sarebbe meglio posare qualche lastra di granito, com’è stato fatto per le rampe dei vari ponticelli; si eviterebbe così pure il formarsi di pozze e fanghiglia quando il clima è meno clemente. Poco più in là, appena oltre il primo stagno, fanno sempre bella mostra di sé, come da mesi ormai, due alberi d’alto fusto rinsecchiti. Non il miglior biglietto da visita per gli ancora numerosi turisti fotografanti, malgrado il momento della massima fioritura sia trascorso. E che dire dell’invasione di erbacce? Migliore è l’impressione nei pressi del gazebo. Anche qui ci sono zone sbarrate, ma s’intuisce un riordino e sembra che il materiale depositato per anni vicino alla sbrindellata rete che segna il confine con la Lanca degli stornazzi (perché non integrare questa sponda del porticciolo quando –si auspica presto– verrà rifatta la recinzione?) sia stato infine sgomberato. Gli scorci, da qui, restano comunque suggestivi. Attraverso il gran prato. La spiaggia sottostante è piena di legname minuto, ma è abbastanza pulita. I germani reali sono appisolati e la gente seduta sulle panchine di fortuna sistemate in marzo, in occasione della festa dedicata al fiore simbolo, si gode il sole e la vista verso il Piano. Io non mi accontento. Raggiungo l’estremità verso il cantiere nautico e di nuovo vedo aiuole trascurate, zeppe d’infestanti e con alto tasso di mortalità. Questi arbusti sono stati disposti in loco ormai da diverso tempo, ma, forse perché troppo periferici, non sono praticamente mai stati accuditi. Peccato. Spero nella loro rivalutazione quando si metterà mano, se mai accadrà, all’ingrandimento. Il terreno, tutt’attorno, abbonda (anche sfruttando ritagli attualmente emarginati) e non vi potrebbe essere sede più idonea. Basterebbe una bella cinta metallica omogenea (tipo quella appena collocata tra il Lido e il Parco della pace) per delimitare l’intero perimetro. Esco masticando amaro, perché -mi dico- non siamo in grado di valorizzare un patrimonio naturale, ma anche urbanistico, veramente pregevole come quello che va dagli argini della Maggia al “debarcadero”. Molto -lo ammetto- è stato recentemente fatto nella zona detta di svago, ma tantissimo resta da fare. Soprattutto quando si tratta di non lasciare andare in malora ciò che ci è appena stato consegnato; a noi cittadini, intendo. L’esempio più evidente, oggi, l’ho toccato con mano ai Giardni Arp. Dopo un Parco della pace finalmente quasi impeccabile, con panchine ridipinte di un bel rosso squillante, tappeto verde curato, seccumi vari potati, stradine in parte ripavimentate e la suddetta nuova recinzione a fianco del Lido (era ora!), un Bosco della Bolla grande sempre seducente nella sua controllata spontaneità e l’elegante e ancora ben tenuto fronte degli stabilimenti balneari, eccomi al porto regionale con i suoi annessi. Inaugurazione nel 2001, dopo quasi tre decenni di tira e molla. E che scorgo? Prato inselvatichito dove prosperano unicamente le malerbe, vialetti dai limiti ormai indefiniti (maledetto e onnipresente ghiaietto, vedi deprimente, malgrado l’alto potenziale, passeggiata di Via San Jorio), alberature abbandonate a sé stesse, così come le aiuole, solo intuibili nella trascuratezza generale. Bel modo di rendere omaggio al grande, e con noi così generoso, artista alsaziano. Da aver voglia di chiamare urgentemente in soccorso la squadra comunale di Muralto, nota in tutta la plaga per la cura con cui tratta il verde che le è affidato. L’idea d’attraversare anche l’Isolino, per completare il tour agreste, con successive soste nei Giardinetti Rusca e Pioda, a questo punto è tosto accantonata. Per evitare altre delusioni, meglio puntare subito su Piazza Grande per un rivitalizzante e corroborante “pasto da strada” al ben frequentato Food Truck Festival.

Written by zampatedipardo

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