Il beneamato è morto. Difficile, difficilissimo da mandar giù, pure per un locarnese di lungo corso, abituato a ingoiar rospi d’ogni sorta e dimensione. Quel che qui, tuttavia, preme ancora una volta far notare, perché pare clamoroso, è che il già poco presente nome della città scompare così del tutto dal panorama sportivo nazionale. Nome finora veicolato da una squadretta di calcio di quarta categoria, pallida ombra di quella che fu in un passato neppure troppo lontano e che mai ritornerà. Peccato soprattutto per le generazioni più giovani, costrette, per mancanza di materia prima a portata di mano, a tifare Real, Barça, Juve o, per i meno pretenziosi, “EfZeBé”, e che mai vivranno le emozioni che si provavano la domenica pomeriggio al Lido, quando le bianche casacche giostravano ad armi pari con i migliori sotto lo sguardo –critico, ma affettuoso- anche di ventimila e più occhi (sì, sì… è successo; e non una sola volta!).
Messa una pietra sopra al “fotbal”, mai veramente nato un club di disco su ghiaccio con una qualche ambizione (chi ha memoria dei Boy Scouts o anche solo dei Dogs?), archiviate da decenni le esperienze cestistiche della Sico (quattro titoli svizzeri e una coppa), abortite quelle di pallavolo (con una Federale sempre incapace di compiere il salto di categoria) e altre ancor più effimere ed esotiche (unihockey, hockey a rotelle, football americano e, addirittura, baseball), resta il vuoto. Atletica, ginnastica, karate, nuoto, pugilato, tennis, ma per far numero mettiamoci pure bocce e minigolf, dove si riscontra ancora qualche guizzo felino (pardesco), premiano piuttosto le individualità, più che il sodalizio d’appartenenza. E comunque anche in questi contesti, come dimostra il malinconico caso del cancellato velo club (anno di fondazione 1895!), la minaccia di desertificazione è in agguato.
C’è da sperare che dopo lo sport, da Locarno non sparisca anche la cultura, unica ragione –ricorrenti alluvioni e allagamenti a parte- per la quale ancora se ne sente parlare dopo aver oltrepassato i confini regionali. In attesa che il potere politico, soprattutto quello cantonale, non decida d’inferire il colpo di grazia, smantellando anche i pochi servizi rimasti, approfittando della congenita mancanza di forza contrattuale dovuta alla frammentazione dell’agglomerato e sotto la pressione delle fameliche mire di altre e ben più attrezzate località. Ma questo è un capitolo che verrà aperto in altro momento.