La riorganizzazione dell’ufficio della migrazione annunciata dal governo ticinese si tradurrà nella centralizzazione del servizio laddove tutto, piano piano, un pezzettino alla volta, dapprima subdolamente e ora sempre più sfacciatamente, sta trovando posto: sanità (l’ospedalone bipolare), istruzione (atenei di varia caratura e genere), giustizia e ora, come si vede, anche amministrazione.
A perderci, tra le altre, sarà ancora una volta la sempre più saccheggiata città sul Verbano. Ci si prepari pure ad altre spoliazioni: la corte d’appello e di revisione penale, e, nonostante il progettato ampliamento, l’istituto patologico con le sue antenne (registro dei tumori e centro citologico) sono i primi, ma non gli unici, indiziati.
In riva al Lago Maggiore avrebbe dovuto per lo meno essere istallato il museo archeologico (promesso sin dal 1954). Quando s’è trattato di compiere il passo concreto, il cantone ha però fatto precipitosa marcia indietro, invocando i “soliti” problemi di cassa (soliti però solo quando i finanziamenti riguardano certe aree neglette del Sopraceneri: non dimenticheremo, ad esempio, le reticenze nel concedere qualche milioncino in favore della casa del cinema). Cantone che poi, tanto per completare l’opera, ha rimesso in corsa altre candidature; ma a questo punto, oramai, poco importa, visti i tempi biblici previsti. Chi lo vedrà più, il famoso “Museo del Territorio”?
A perderci -dovrebbe essere lampante- non è però la sola Locarno. A nessuno degli abitanti della regione (nemmeno a quelli di Ascona e di Muralto) gioverà la galoppante centralizzazione. E’ pur sempre meglio potersi fare curare al di là di Maggia o Ramogna, piuttosto che dover valicare il Ceneri, o potersi recare in Via della Pace 6 per sbrigare le proprie faccende che non in Via Balestra 31 (codice d’avviamento postale 6900!). E chi vuole intendere intenda.
Purtroppo, fino a quando la tematica della fusione verrà respinta con orrore, accampando la scusa che dev’essere la base a chiederlo e che le imposizioni calate dall’alto non piacciono, l’agglomerato continuerà a non avere (e a perdere) il peso specifico necessario per potere avanzare rivendicazioni di sorta. Sessantamila anime che, sparse come sono in una ventina di comuni, non hanno voce in capitolo su nessuna delle grandi scelte che pure le riguardano da vicino. E nel frattempo, scampolo dopo scampolo, ancora molto verrà loro sottratto. Al Locarnese intero, senza autostrada, senza collegamenti ferroviari diretti con la Svizzera interna, senza nemmeno servizi e dove è solo la disoccupazione ad aumentare, non resterà che accontentarsi d’essere una grande (su scala ticinese) periferia. Addio ambizioni. E ancora una volta un bel grazie ai lungimiranti politici della “cintura”, immobili e indifferenti nel vedere sgretolare quel poco che, a fatica, era stato concesso alla città-polo nei due secoli precedenti. A quei tempi, sulla distribuzione delle risorse e sul mantenimento di un certo equilibrio tra le regioni vegliava il consiglio di stato, oggi sono i comuni forti demograficamente, uno in particolare, che dettano legge, facendo il bello e il brutto tempo. Chi non è in grado di lottare ad armi pari, s’attacca.